Caruso «sbrocca», Lardo cuce il patchwork salvaRusso (per ora) e i dissidenti non dissentono troppo. Fotografie dall’aula

GUIDONIA – I cavilli, le interpretazioni, i combinati disposti, ossia la lettura coordinata di leggi e sentenze: su questo hanno ruotato il Russogate e la mozione di sfiducia (tecnicamente un voto sulla cessazione nel ruolo di assessore) che ne è stata la naturale conseguenza. Subito per la cronaca dal consiglio di ieri: l’atto confezionato dalle minoranze è stato bocciato. Il gruppo dei 5stelle conta 3 astensioni al proprio interno ma in aula mantiene la maggioranza dei numeri e con voto nominale respinge. Finisce con 12 voti contrari, 9 favorevoli, 3 astenuti. Assente tra i banchi della maggioranza Laura Alessandrini di cui si ignorano gli orientamenti. A non esprimere alcun indirizzo mantenendosi in un limbo pilatesco (e di comodo) sono Claudio Zarro, Laura Santoni e il presidente dell’aula Angelo Mortellaro. All’opposizione, dove la strategia della unità d’intenti è sempre più instabile per evidenti divisioni sugli indirizzi, la parte del leone la giocano le donne. Giovanna Ammatuto (Fratelli d’Italia) è una martello pneumatico nell’inchiodare gli stellati alle loro responsabilità; Arianna Cacioni (Lega) smentisce tecnicamente ogni tentativo di difesa delle posizioni di Davide Russo; Paola De Dominicis (Pd) con gli avversari è implacabile. Mario Proietti e Mauro De Santis del Polo Civico danno lezioni di amministrazione e politica. A mancare è però il contraddittorio. Davanti risponde Claudio Caruso ed è subito show, teatro, circo, nei panni del clown o di giamburrasca. Sul palcoscenico il momento sarebbe da applausi, in aula la reazione è di rabbia per gli attacchi personali che Caruso non risparmia agli avversari, in platea di ilarità. La difesa di Russo affidata a Caruso, il più strenuo sostenitore del vicesindaco, il più fedele. Lo assolverebbe anche se gli rubasse la marmellata in casa. Va così tra urla, una sospensione dei lavori, un crescendo di tensioni che il sindaco Michel Barbet sarà chiamato a smorzare. Richiamando Caruso alla calma e a toni più consoni alla istituzione consiliare.
Fin qui la cronaca, nei tratti più salienti di una seduta durata 8 ore di cui 3 per discutere la mozione. Ma un vero approfondimento va concentrato sul segretario generale Livia Lardo e sul ruolo che ha giocato in ciascuna delle fasi del Russogate, fino all’utimo atto di ieri. È lei che come Berta ha costruito il patchwork dei cavilli e dei combinati disposti a misura di maggioranza. Per carità, è consuetudine che figure apicali di nomina sindacale (come la Lardo giunta da Eboli con simpatie grilline, leggi qui), tendano a legare i pezzi seguendo lo schizzo buttato giù dalle maggioranze. Preconfezionando il punto di partenza e il fine che si intenda raggiungere. Dai presupposti era chiaro dove lo schema dovesse portare: la piena «assoluzione» di Davide Russo. Non era nemmeno immaginabile un assessore alla legalità, habitué nelle case del prefetto e del procuratore, con le stigmate della violazione di una o più leggi, con l’onta di una incompatibilità, illegittimità certificata, praticamente una illegalità nel ventaglio delle opzioni linguistiche usate dei grilli contro gli altri. Assolto ha subito commentato il sindaco su Facebook, a caldo e con la seduta ancora in corso: «Russo non ha commesso alcuna illegittimità o illegalità».
Per arrivare a dama e salvare il decoro serviva quindi un giudizio apparentemente terzo. Un «parere» da piegare alle esigenze dei 5Stelle e così è stato fornito da Livia Lardo. Né sono servite le insistenze del consigliere della Lega Arianna Cacioni per farsi risposte a una sola domanda: «Oggi Davide Russo, vice sindaco a Guidonia Montecelio e consigliere nel Comune di Bronte, sarebbe eleggibile alla carica di consigliere comunale?». No. E va da sé che la giurisprudenza di cassazione e i pareri ministeriali, articoli di legge, equiparano la condizione di eleggibilità, candidabilità, compatibilità del consigliere ai requisiti che deve possedere ogni cittadino chiamato a ricoprire la carica di assessore. Questo sarebbe stato però un altro patchwork non gradito a sindaco e capogruppo. L’esistenza di un indirizzo politico sull’affaire, era del resto già emerso quando Lardo formulava un quesito sommario, e non pertinente, alla Prefettura di Roma. Privo delle integrazioni richieste dalle opposizioni, per ottenere un parere neutro nella sua parzialità e quindi adattabile a qualunque narrazione o intervenuta contronarrazione in vista della battaglia consiliare. La faccenda non è ovviamente finita ieri. La Prefettura di Roma si esprimerà sulla richiesta di altro parere formulato dalle opposizioni, solo a quel punto Barbet potrà affermare con certezza che Russo ricopre l’incarico di assessore in una condizione di piena legittimità, e che gli atti prodotti dalla giunta, approvati con il voto determinante di Russo, sono a loro volta legittimi nel produrre gli effetti di legge.
Infine, una giusta menzione merita il germoglio di nuove intese (alleanze?). Profilate dalla necessità di unire istanze sempre più comuni, quando e se si voterà per il rinnovo del consiglio comunale e l’elezione del nuovo sindaco. Magari saranno gli effetti della saldatura nel nuovo governo Giallo Rosso, ma non è sfuggita agli osservatori la particolare sintonia tra Santoboni e il collega democratico Mario Lomuscio. Nei ruoli rispettivamente di primo attore e comprimario, hanno recitato il copione sul caso Russo derubricato a mero caso politico, che in alcun modo ha invaso il campo della violazione delle norme. La sceneggiatura stesa da Santoboni in aula ha dettato i tempi della condivisioni con Lomuscio («ha ragione Mario qui non c’entrano le illegittimità, Russo non è illegale nel ruolo che ricopre»). C’è una parte del gruppo del Pd che è dialogante, un’altra mediamente dialogante, l’ultima ortodossa ha già detto di non vedere future alleanze coi grilli. Ma è nell’area Dem il natutale approdo dei 5Stelle alla ricerca di un elettorato più ampio? Parrebbe di sì.